venerdì 22 marzo 2013

Benvenuto Presidente! - Recensione


Pensate se vi chiamaste Giuseppe Garibaldi, che onore e che responsabilità… E se per assurdo il parlamento decidesse che il presidente della repubblica debba essere proprio Giuseppe Garibaldi?… Questo accade al bibliotecario con la passione della pesca alle trote di un piccolo paese di montagna, un uomo semplice umile e ONESTO!… State già ridendo?… Questo è quello che farete per 100 minuti se decidete di andare a vedere questa commedia- farsa degli assurdi.
Qui non è il Cetto La Qualunque, furbetto, mafiosetto ignorante, senza pregiudizi che si candida per sistemarsi e sistemare amici e parenti. Giuseppe è un povero cristo qualunque che vive in modo semplice, un ottimista, un sognatore che si trova trascinato a Roma, al Quirinale. Tra protocollo e responsabilità e senso del dovere verso il suo paese prenderà una difficile decisione, quella di provare ad essere l'uomo nuovo, l'uomo qualunque. Le difficoltà non sono poche e Peppino, nonostante la sua gioiosa anarchia, la sua fresca onestà e un saggio buon senso, dovrà scontrarsi contro i complotti e le macchinazioni di trame segrete deviate.
Certamente la scrittura di una "favola-farsa" su un argomento tanto attuale e scottante non è stata cosa semplice, se talvolta la sceneggiatura cade in banali luoghi comuni (elargire soldi ai poveri, andare tra i bambini malati) o in citazioni di vecchie commedie (l'origano sulla pizza che in realtà è droga) non è certo banale il personaggio di Bisio, con una recitazione surreale, tenuta perfettamente al guinzaglio… (forse grazie alla regia e alla sceneggiatura) la sua bravura rende il personaggio di Peppino, dissacrante e surreale ma anche teneramente poetico. Alcune trovate sono veramente divertenti. 


Temo che gli eventi della politica reale, possano durante la stesura e lavorazione, talvolta, aver spiazzato sceneggiatori e regia per gli improvvisi cambiamenti e rimescolamenti tra realtà e fantasia.
Il film esce al cinema in un momento particolarmente appropriato. La questione del degrado morale, del "Tanto sono tutti uguali"… "Quelli rubano tutti"… nel film è rappresentata nella metafora delle famiglie sedute a tavola che mangiano, mentre guardano i TG. E' a loro che con un indice in primo piano, Peppino si rivolge quando in parlamento annuncia le sue dimissioni, perché è anche colpa tua se queste persone sono qui… perché la malapolitica è nel malcostume della gente, nei mille atteggiamenti "furbetti" che ormai molti di noi fanno in modo scontato; dallo scontrino, alla fattura, alla piccola raccomandazione…
Se è vero che "La storia siamo noi, nessuno si senta escluso" dicono le parole della canzone di De Gregori, noi possiamo e dobbiamo cambiarla.
Il punto che mi ha lasciato perplessa e proprio questo finale. Dove si è usato il parlare direttamente allo spettatore, "strappando" il sipario e uscendo fuori dalla finzione per parlare al pubblico in modo più esplicito.
Quando, a mio avviso si usa la commedia e la grammatica della farsa e delle metafore è bene rimanere negli argini… 
Lo spettatore attento sa poi tirare le sue conclusioni o si rischia di dargli dell'idiota. Ecco che si cade nel controsenso… nella mala politica. Quella fatta da uomini che si sentono più furbi più sapienti PIU'… e tu uomo qualunque, che mi stai guardando non riesce a capire…. Quindi devo dirtelo direttamente.

Per quanto siano spiacevoli i paragoni, mi viene in mente un film che porto ancora bene in mente "Il Portaborse" un film del 1991 diretto da Daniele Luchetti. La pellicola affronta la tematica della corruzione dilagante nel mondo della politica, ed è uscito nelle sale in leggero anticipo rispetto allo scandalo "Tangentopoli". Il finale  si rivolgeva al pubblico in modo incisivo, violento e terribilmente viscerale da lasciarti senza fiato. Silvio Orlando distrugge la macchina che l'onorevole gli aveva regalato con una mazza da golf, e ogni flagellazione di Orlando era anche dello spettatore.














domenica 17 marzo 2013

Il grande e potente Oz. Recensione

Titolo originale Oz: The Great and Powerful.
Un film di Sam Raimi.
Con James FrancoMila KunisRachel WeiszMichelle WilliamsZach Braff  Fantastico, durata 127 min. - USA 2013. - Walt Disney uscita giovedì 7 marzo 2013.




"Non sono il mago che stavi cercando, ma sono il mago di cui tu hai bisogno…" 

Questa frase detta dal mago è appropriata per aprire la recensione di un film che ho visto con mio figlio di otto anni e due suoi amici.
Non è esattamente il film che mi aspettavo ma hai bambini è piaciuto, si sono divertiti, quindi era quello di cui avevano bisogno. Sam Raimi dirige il prequel del Mago di Oz di Victor Fleming, che racconta come il celebre e amato mago, creato da L. Frank Baum, sia arrivato nel mondo di Oz. Oscar Diggs è il mago protagonista che dal polveroso Kansas viene precipitato su una mongolfiera nel regno di Oz. Qui dovrà capire chi siano i buoni e i cattivi, Oscar Oz è uno pseudo-mago da strapazzo, che si esibisce nelle fiere e che, all’inizio, troviamo in fuga a causa della sua attività di acchiappasottane. Nel regno di Oz incontra una graziosa strega, Theodora,  che lo prende per il mago destinato da una profezia a diventare re del paese, nonché possessore di un favoloso tesoro.
A patto, però, che faccia fuori una strega cattiva. Però le streghe del regno sono tre: oltre a Theodora, sua sorella Evanora e la bionda Glinda. Qui la faccenda si complica per il povero mago che poi tanto mago non è… chi sarà la strega buona?…
Per uscire dalla intrigata vicenda il mago decide di allearsi con Gilda regina di un popolo pacifico e figlia del defunto Re. 
Questo provoca l'ira di Theodora che già si era invaghita di lui.
Cosa può fare un finto mago contro le potenti magie della strega cattiva? l'unica cosa che ha a disposizione, l'illusione… l'illusione delle nuove macchine che da li a breve i fratelli Lumière avrebbero inventato… l'illusione del cinema. Il giovane mago proietta nel cielo la propria immagine a dimensioni gigantesche: diventando così davvero il grande e potente Oz. 
Qui bisogna dire che il film mi ha coinvolto e affascinato, lontano però dall'incantevole magia  che invece si trova nel bellissimo "Hugo Cabret" di  Martin Scorsese, dove vi è una immensa dichiarazione d'amore per questa fantastica arte. Nel mago di Oz rimane un espediente fatto di fumo e di fuochi d'artificio e poco ha a che fare con la magia del cinema. Ma queste sono cose che solo noi adulti possiamo percepire, ai bambini è rimasto il fascino degli effetti in tre dimensioni, con qualche sobbalzo sulle poltrone, e qualche risata, e molto fascino come la Disney sa confezionare.




 

giovedì 7 marzo 2013

8 marzo

Eccoci qui, siamo di nuovo a chiederci festeggiare sì o festeggiare no l'otto marzo?

In Italia si festeggia dal 1922 per iniziativa del partito comunista, mentre nel resto d’Europa e negli Stati uniti ancora prima, grazie ai movimenti socialisti ed operai. È stata però istituita ufficialmente dall’Onu dal 1977. E proprio all’ONU fino al 15 marzo è in corso la riunione annuale della Commissione sulla condizione femminile delle Nazioni unite quest’anno dedicato alla prevenzione della violenza contro donne e ragazze. 
E' indecente ricordarsi dei diritti umani, dell'uguaglianza, della violenza, delle pari opportunità solo un giorno all'anno. E' inaccettabile che le donne possano incontrarsi, divertirsi, solo un giorno all'anno. 
Lasciando da parte la macchina consumistica che ogni anno si mette in moto per l'8 marzo, le tonnellate di mimose (a cui sono fortemente allergica) che vengono devastate, la mia opinione è purché se ne parli. La giornata della donna in Italia (così mi pare più corretto) si festeggia quest’anno con un aumento del 47 per cento della presenza femminile in Parlamento, dove quasi un neo eletto su tre è donna (31 per cento). E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in occasione dell’8 marzo, dalla quale si evidenzia che nella legislatura che si è conclusa le donne erano pari ad appena il 21 per cento alla Camera e il 19 per cento al Senato mentre nel nuovo Parlamento saranno il 32 per cento alla Camera e il 30 per cento al Senato. 
Si tratta di un profondo cambiamento che avvicina l’Italia ai migliori standard europei e mondiali con una presenza “rosa” superiore a quella dello stesso Parlamento Europeo (25 per cento) ma anche alla Francia, anch’essa ferma al 25 per cento, alla Gran Bretagna con il 22 per cento, e agli Stati Uniti (18 per cento).  Valori superiori si registrano solo tra le elette alla Camera in Spagna dove sono il 38 per cento ed in Germania, con addirittura il 32 per cento. 
Anche le imprese al femminile, nonostante la crisi sono in aumento, nel 2012, in prevalenza opera nel commercio (circa il 30 per cento), ma una forte presenza si registra con oltre il 16 per cento in agricoltura, nei servizi di alloggio e ristorazione (quasi il 10 per cento e nel manifatturiero (8 per cento). La presenza delle donne resta comunque bassa a livello istituzionale. Secondo un’analisi Coldiretti su dati Barometro, ai vertici della giustizia italiana la rappresentanza femminile è ancora scarsa: appena il 14 per cento tra Corte Costituzionale, procuratori della Corte dei Conti, membri del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) e Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Bassa - continua Coldiretti - anche la presenza di donne nelle Authority dove nessuno dei presidenti appartiene al “gentil sesso”. Ma anche il mondo dell’istruzione e della ricerca non sembra essersi ancora aperto alla presenza femminile, almeno ai suoi vertici. Su 79 rettori di Università le donne sono appena il 5 per cento del totale.
Persino lo sport dove le atlete azzurre hanno regalato grandi soddisfazioni resta ancora impermeabile alle quote rosa, tanto che tra i 45 presidenti delle Federazioni sportive affiliate al Coni c’è solo una donna.
Questo non vuol certo dire che le donne non siano in grado o non abbiano le qualità o capacità, ma il maschilismo in questi settori è ancora arroccato e potente.
Quest’anno, le numerose manifestazioni sono quasi tutte incentrate sulla violenza di genere. I dati sul femminicidio in Italia sono allarmanti. È quasi sempre tra le mura domestiche, nel rapporto con il marito o il convivente o l’ex, e avviene sempre di più davanti ai figli, testimoni atterriti che poi a loro volta potranno diventare carnefici. La violenza sulle donne è un fenomeno che in Italia non diminuisce e si connota sempre più come violenza fisica: a testimoniarlo, le 124 donne ferocemente uccise nel 2012 in nome di un «amore» malato e assassino.
Maria Monteleone, procuratore aggiunto di Roma dichiara che già nei primi due mesi del 2013 sono state uccise 8-10 donne. "Per me, però, le vittime sono anche di più, perché bisognerebbe contare anche gli omicidi che sono conseguenza delle violenze subite per anni e i suicidi".Il problema è sopratutto delle istituzioni la sua responsabilità è di non indirizzare e sollecitare un cambiamento culturale radicale sui temi della differenza di genere, a cominciare dalle scuole dove è necessario insegnare il rispetto di genere, e chiede l'impegno dello Stato per stare a fianco delle donne e non lasciarle sole in questa strage.
Come donna e madre mi chiedo come aver avuto al governo uomini che hanno usato e abusato del ruolo femminile, come oggetto di puro piacere o feticci da mostrare non sia stato deleterio per la nostra cultura, per il nostro paese, per la democrazia.

Portiamo l'argomento a discorsi più ameni: le due commedie appena uscite in sala, forse non a caso, in occasione dell' 8 marzo, due film di giovani registe.

Amiche da morire e Ci vuole un gran fisico. Entrambi sono esordi di registe italiane più (Giorgia Farina) e meno (Sophie Chiarello) giovani alle prese con due storie profondamente femminili, per un cinema fatto e interpretato (e probabilmente visto) principalmente da donne. Un fenomeno di riappropriazione interessante che però non si distacca dalla commerciale commedia di deriva televisiva.
Io spero di vederli prossimamente, anche se le critiche non sono ottime, vi faro spere.
La cosa positiva che altre due giovani donne sono riuscite a conquistare la sedia da regista BRAVE!













domenica 3 marzo 2013

I passaggi di Inquadratura - Dietro lo schermo


I Passaggi di Inquadratura


Gli esperti, definiscono l'inquadratura come una rappresentazione in continuità di un certo spazio per un certo tempo. E' importante distinguere tra quella che è l'inquadratura in fase di ripresa e in fase di montaggio.
Nel montaggio, l'inquadratura è ciò che avviene tra due stacchi, mentre durante la fase di ripresa, l'inquadratura è il frammento di pellicola che si ha dal ciak allo stop, ovvero dalla partenza all'arresto della macchina da presa. 

Si può passare da un’inquadratura all’altra in vari modi, ciascuno dei quali acquista nel racconto cinematografico un suo significato specifico.



Questo passaggio è chiamato montaggio. E'    l'elemento dal quale dipende la percezione da parte dello spettatore del ritmo della narrazione.

Insieme alla fotografia, è parte essenziale della messa in scena operata dal regista: mentre la fotografia determina l'aspetto estetico del film, il montaggio ne costituisce lo stile narrativo.

I modi più usati sono :

LO STACCO  è il taglio effettuato all’inizio e alla fine dell’inquadratura. Nel punto che il regista ritiene più adatto al racconto.

LA DISSOLVENZA  L’immagine sfuma fino a scomparire e questo effetto può essere all’inizio della scena o a chiusura della scena.

LA DISSOLVENZA INCROCIATA si dissolve l’inqadratura che finisce e dissolve iniziando l’inquadratura successiva.

PASSAGGIO DEL MASCHERINO sagome che si pongono davanti all’mmagine in fase di montaggio o di sviluppo e stampa che possono avere forme diverse: cannocchiali, stelle etc..

LA POSIZIONE DELLA MACCHINA DA PRESA (MdP)

Ogni ripresa può essere effettuata sistemando la macchina da presa (MdP) in qualsiasi punto della scena, ciò permette al regista di scegliere e ottenere inquadrature di moltissimi tipi che possono però già essere suggeriti in fase di sceneggiatura.
Inclinata, Orizzontale, Dal basso, Picchiata. 



Dobbiamo però sempre tenere presente la regola dei 180°. 

Al fine di mantenere sullo schermo uno spazio e una direzione coerente, è necessario applicare quella che dal cinema mainstream viene definita linea d'azione.
Lo scopo della linea d'azione è abbastanza banale: dividere in maniera immaginaria lo spazio davanti alla MDP. La direzione può essere quella che il regista ritiene più opportuna, anche se in genere è la linea visiva dello sguardo dei nostri due soggetti. Decisa la linea immaginaria viene descritta un'area di 180°, all'interno della quale si muoverà la MDP. 
Vengono utilizzate solo le inquadrature prese dallo stesso lato dell'asse. Se fossero usate le inquadrature dall'altro lato, lo spettatore avrebbe l'inquadratura rovesciata cioè un effetto a specchio. Facendogli credere, ad esempio, che i due personaggi si siano scambiati di posto. La regola dei 180° non rispetta altro che l'ordine di lettura dell'occhio e della mente umana.


Quando si deve spostare la MdP dall'altro lato dell'asse occorrono degli escamotage. Ad esempio utilizzare un inquadratura che si trovi sull'asse e poi passare sul lato opposto, con una carrellata, una panoramica o qualsiasi altro movimento che scavalchi la linea di azione. L'importante è che il suo movimento sia ininterrotto.






sabato 2 marzo 2013

Educazione Siberiana - recensione

Educazione Siberiana è l'ultimo film di Gabriele Salvatores, Oscar nel 1992 per Mediterraneo. Tratto dal romanzo omonimo di Nicolai Lilin.
Un cast di nomi internazionali dove spicca quello di John Malkovich (il nonno) e i giovani Arnas Fedaravicius e Vilius Tumalavicius, rispettivamente nei panni di Kolyma e Gagarin, amici per la pelle nella fredda Transnistria - corrispondente all'attuale Moldavia - iniziati alla criminalità da nonno Kuzjia con le prime rapine e la condivisione della refurtiva.
Salvatores con questo film passa i confini e esce dagli schemi di film "Italico" mantenendo pero fermi i suoi punti di distinzione sia nella sceneggiatura, di cui è autore insieme ai fedeli Stefano Rulli e Sandro Petraglia, che nella regia: cioè la forza dei personaggi e la struttura narrativa decisa. 

Con momenti anche di pause gioiose, (la giostra) che però preparano a risvolti drammatici, il film risulta gradevole e malgrado le temperature e le scene di neve, caldo e emozionante. Indubbiamente la violenza si intreccia e respira con i personaggi e li accompagna.


La figura del nonno criminale che segue un codice d'onore molto rigido e prega per tutti tranne che per quelli in divisa, che tiene lontano il denaro e la droga è affascinante e Malkovich è perfetto nel suo ruolo.

"È folle volere troppo. Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare!" 

In un mondo che subisce importanti cambiamenti (la caduta del muro di Berlino) dove i poteri mutano, cambiano le bandiere, ma non la sostanza. Gli Urca (I Siberiani) riconoscono solo sé stessi e si affidano a quella Madre Siberia forte e selvaggia come loro.

Dove le leggi dello stato mancano, le leggi del clan, della propria appartenenza e dei suoi principi è l'unica fede, l'unico valore.

Interessante la dissertazione sul tatuaggio, vera mappa della vita di un uomo.

La cosa che più mi ha intrigato è proprio il dualismo tra criminalità e religiosità che però non è approfondito, forse volutamente? Per altro già visto poche settimane fa nel film "Les Misérables" il rapporto con la legalità, la giustizia e la religiosità.
Ovviamente il paragone è azzardato ma questa voglia di valori puri, non corrotti, è un'esigenza non solo Nazionale, ma Mondiale.