sabato 30 giugno 2012

L'eredità della regina - recensione


“L'eredità della regina” di Philippa Gregory



Dettagli del libro


Questa recensione è della mia amica Tina. Sono contenta che Tina abbia accettato di pubblicare su questo blog le sue opinioni sui tanti libri che legge e spero che continui. La ringrazio e apprezzo il suo contributo.


E' un testo che si “beve tutto d'un fiato”, sia per la scorrevolezza dello stile  di scrittura che per l'interesse dei contenuti descritti che evidenziano, al di là dell'elemento storico, il dialogo introspettivo, squisitamente di natura psicologica, delle tre protagoniste (due regine ed una cortigiana), nella corte d'Inghilterra di Enrico VIII.
L'autrice parla di donne completamente diverse, quali Anna di Cleves, Caterina Howard, rispettivamente quarta e quinta moglie di Enrico VIII, e di una cortigiana, Jane Bolena (cognata della più famosa Anna Bolena), tutte accomunate da un unico istinto di sopravvivenza all'interno di una corte reale ricca e famosa che, quale prezzo  per eventuali agi, ricchezze e potere, esige da una donna, per poter vivere a corte, una esistenza da vivere sempre  sul filo del rasoio, con il rischio continuo di incorrere a torto od a ragione nell'ira di un folle ed imprevedibile sovrano.
Si tratta quindi di un romanzo al femminile, dove l'immagine del maschio assume spesso un aspetto limitato e brutale. La lettura è profondamente avvincente anche perché arricchita e colorata da scorci descrittivi della vita, come l'abbigliarsi, lavarsi, fare giochi di seduzione, giocare... in parole povere “vivere”, ieri come oggi, all'interno degli  schemi,  eterni e sempre attuali, del quotidiano umano uguale a sé stesso, nel 16° come nel 21° secolo.
Raccomando il romanzo soprattutto a chi ama conoscere il personaggio storico “dal di dentro”, a chi vuole intuire i pensieri, il sentimento, lo stato d'animo,  le paure, le ambizioni e le speranze di soggetti che hanno inciso sugli eventi storici più intriganti e più famosi della storia,  consegnandocene la comprensione ma, soprattutto, l'interpretazione che, nel caso di questo romanzo, partendo dalle pulsioni amorose e sessuali di un discutibile Enrico VIII, affamato di una forte e maschia dinastia, e non solo quello,  hanno  ridisegnato l'assetto sociale  politico e religioso dell'intera Europa.


(Tina)




domenica 24 giugno 2012

FAI BEI SOGNI - recensione

Fai bei sogni di Massimo Gramellini Edito da Longanesi è un romanzo che si divora tutto in un fiato.


"Fai bei sogni è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. "

Un romanzo autobiografico, il racconto di una vicenda dolorosa come la morte prematura della madre, che non cade mai nel banale o nel melenzo ma intenerisce e scalda il cuore.

"In un epoca come la nostra che ha trsformato le emozioni in un genere televisivo" un racconto che ti accompagna nell'intimità dei protagonisti ma sopratutto nei loro segreti...
Un segeto celato in una busta per quarant'anni. 
Gramellini ci apre le porte del suo dolore e prendendoci per mano ci fa vedere come le paure e le incertezze si possano superare con un grande e immenso amore e tanta, tanta ironia.
Questi forse gli ingredienti più giusti per affrontare le "verità" anche quelle più dolorose, che servono a crescere e a superare la paura di VIVERE.
Ve lo consiglio, anzi regalatevi questo tuffo in un romanzo che sono sicura vi catturerà con la sua dolce ironia.

Uno dei passi che prediligo:

"Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l'assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribbellione".


 

 

 

sabato 9 giugno 2012

Codifica e Decodifica - IV appuntamento di Dietro lo Schermo


Codifica e decodifica


Qualche tempo fa c’era un messaggio pubblicitario che passava spesso nelle reti pubbliche, io lo trovavo sgradevole, ma è utile per farvi riflettere sulla diversa valenza tra il comunicare reale e il comunicare di un media.
 In questa pubblicità c’era uno che parlava e l’altro che incominciava a fare Bla.. Bla… Bla… cioè non ascoltava quello che l’altro gli diceva.

La televisione è un mezzo, cioè un media per comunicare, e se nella realtà non possiamo fare Bla… Bla… (anche se spesso quando ci parlano pensiamo ad altro, siamo distratti e non ascoltiamo) davanti alla TV possiamo afferrare il telecomando e cambiare canale o spegnere quando vogliamo.

Il messaggio audiovisivo mi arriva fino a quando sono al cinema, o sono davanti ad una televisione, fin quando ascolto la radio, o leggo un libro ecc…

Perché tutto questo discorso?
Per ricordarvi ancora una volta che un conto è la realtà e un'altra cosa è il messaggio audiovisivo.
La realtà è ciò che mi accade davanti, che coinvolge i miei cinque sensi e che esiste anche quando non ci sono.
Se io leggo un avvenimento di cronaca su un quotidiano, avrò una certa percezione dei fatti, dell’accaduto. Mi capita di sentire e vedere lo stesso fatto di cronaca al notiziario di una rete televisiva, l’idea che mi posso fare dell’accaduto è diversa assecondo se il cronista vorrà rendere l’accaduto più impregnante o meno, se ad esempio si tratta di un incidente, può decidere di riprendere il luogo con le auto accartocciate, o no, soffermarsi su una macchia d’olio lasciata da una delle vetture, oppure non far vedere il luogo, ma intervistare i feriti in un letto di ospedale… in gergo questo viene chiamato il taglio che si da al servizio.
Quello che chiamano il taglio è in realtà un certo modo di interpretare la realtà spesso dettato da interessi commerciali.
Per non essere dei fruitori passivi, ma critici, noi dovremmo, saper distinguere, saper leggere, quel linguaggio.


Un messaggio per essere compreso deve avere dei simboli, delle lettere, dei segni o cifre convenzionali, cioè un  codice, deve essere CODIFICATO.
Poter valutare criticamente quel taglio; poter avere l’opportunità di scegliere con il telecomando se vedere o no quella porzione di verità, dobbiamo conoscere la grammatica, la sintassi, fare una lettura critica dei programmi trasmessi. Quindi interpretare il codice con cui sono stati scritti i messaggi, cioè DECODIFICARE.


DECODIFICARE = SMONTARE PER COMPRENDERE



Così come il linguaggio verbale è fatto di parole collegate tra loro in una proposizione, le immagini sono costituite da unità linguistiche che si chiamano inquadrature.
Cosa sono le inquadrature?
E’ quella porzione di reale che inquadriamo con la macchina da presa: il mattone del nostro film.
Inquadrare vuol dire racchiudere in una cornice, limitare il nostro campo visivo, scegliere una porzione della realtà.
Come usiamo un sostantivo (nome) per indicare un determinato oggetto, così usiamo un’inquadratura per un’azione. L’inquadratura però comprende anche altre specifiche; potremmo dire che è un  sostantivo accompagnato da una serie di aggettivi.
Approfondiremo meglio l’argomento in un capitolo specifico.

lunedì 4 giugno 2012

I mezzi di comunicazione III appuntamento di Dietro lo Scherno

I mezzi di comunicazione III appuntamento di Dietro Lo Schermo




Si comunica anche con la scrittura, con la pittura, col telefono, con la radio, il cinema, la televisione, internet...

Questi vengono chiamati mezzi di comunicazione.
E più questi mezzi possiedono la capacità di comunicare, a più persone contemporaneamente, più sono chiamati di massa.


I mezzi di comunicazione di massa sono quegli strumenti che ci permettono di

inviare messaggi a masse di individui dispersi in spazi molto grandi e lontani dal punto di emissione del messaggio stesso.
Non esiste alcuna possibilità, da parte dei riceventi, di rispondere, di retro-rispondere al messaggio inviato.

Molti studiosi dei mass media, come Mc Luhan, Innis, Havelock, Ong e altri, individuano tre svolte fondamentali nella storia della comunicazione umana: 
-      il passaggio da una cultura orale all’uso della scrittura; 
-        l’avvento della stampa; 
-        la rivoluzione elettrica che ha portato al telegrafo, alla televisione e al computer.

Essi hanno poi posto l’accento sul fatto che i media influenzano largamente il modo di pensare degli uomini e, di conseguenza, le società. 

 Il telefono, la radio, come dice Mc Luhan  provocano un’accelerazione dell’informazione. Restringe il mondo alle dimensioni di un villaggio…” da qui la definizione più volte usata e abusata di villaggio globale.
Lo stesso studioso affronta anche il concetto di mezzo caldo e mezzo freddo.
Ad esempio passeggio per strada e vedo un manifesto pubblicitario; vi sono rappresentate delle persone che io personalmente non conosco, che non sono lì realmente, ma sono fotografate in un certo atteggiamento piuttosto 
che in un altro, (ridono invece di piangere) e mi comunicano qualcosa di loro (se ridono che si stanno divertendo e che sono felici).
Il manifesto è soltanto un foglio di carta, una fotografia che vede una certa rappresentazione della   realtà, che noi percepiamo con gli occhi.
Questa immagine ha suscitato a me ricevente delle emozioni, mi ha mandato un messaggio che io ho recepito in un certo modo, diverso da qualsiasi altro individuo. 
Questa fruizione, cioè partecipazione emozionale del messaggio, dice Mc Luhan può essere più o meno calda.
 Così accade con una rivista, un libro, un fumetto, il cinema, la televisione… Ad esempio, se io leggo una favola, il mio immaginario ha un coinvolgimento ampio quindi più caldo rispetto alla stessa favola vista rappresentata a teatro. Dove avrò le musiche, le luci, la scenografia e sopratutto l’interpretazione dell’autore e degli attori. Se invece vedo la favola in televisione o al cinema il mio coinvolgimento e il mio immaginario diminuiranno e quindi la fruizione sarà più fredda.
 Perché? Intanto non sono a diretto contatto con il palcoscenico e con gli attori, poi le scenografie teatrali sono approssimative di un ambiente, e sopratutto, lo spettacolo teatrale non è mai lo stesso: vi è l’imprevisto, ogni volta è diverso.
Vi faccio una domanda: Se io vedo una partita di calcio in TV è la stessa partita di calcio a cui potrei assistere se fossi allo stadio?
Non è la stessa partita che vedrei in TV. 

Perché ad esempio sentirei freddo o caldo, asseconda della stagione, o potrei non vedere un fallo perché in quel momento sto comprando un gelato da un ambulante, ho ad esempio un angolo di visuale diverso se sono seduto in curva o in tribuna.
La mia visuale comunque è più ampia, perché non ho il taglio della telecamera sul bordo del campo che segue da vicino l’azione.
Sento gli accanimenti dei tifosi: sono partecipe dell’evento, lo vivo, non lo subisco.
E’ diversa la fruizione dell’evento: lo stadio implica una fruizione collettiva, la TV, una fruizione individuale, domestica.
Inoltre quella della televisione è una realtà virtuale dell’evento.

Approfondiamo il concetto di realtà...
Ciò che vedo al cinema, in televisione non è la realtà, ciò che leggo sul giornale non è la realtà, il servizio del TG non è la realtà. E’ l’interpretazione che l’autore, il giornalista, il regista o l’operatore danno di quell’evento. L’evento non è mai come se lo vivessimo lì in prima persona, in quel momento specifico. Perché Non posso interagire con l’evento.